Vivo con un quasi treenne, Marco, che almeno una volta al giorno “perde le staffe”, per i più svariati motivi: non ottiene quello che desidera, non accetta l’ordine in cui sono state riposte le cose, non trova più il giocattolo preferito del momento, non vuole vestirsi o svestirsi, mettere o togliere le scarpe, mangiare qualcosa.
E’ una sfida continua, che richiede di tirar fuori tutte le scorte di pazienza disponibili, quelle che si tengono da parte per i momenti difficili.
Perché mio figlio, e probabilmente anche tuo figlio, si arrabbia?
Il più delle volte, credo sia perché si scontra con un mondo che non è alla sua portata, con situazioni che mettono a dura prova il suo senso di competenza, con emozioni che non riesce a gestire e controllare.
Il suo desiderio di autonomia è fortissimo, il suo entusiasmo verso ogni nuova impresa è travolgente.
Quando però le cose non vanno secondo i suoi piani, quando non riesce a fare o ottenere ciò che vuole, ecco che il suo senso di frustrazione e impotenza esplode in scatti di rabbia.
Oppure, forse, chissà che cos’altro prova il mio treenne?
Lui mi sa dire:
“Sono triste”,
“Sono arrabbiato!” – incrociando le braccia -,
“Sono contento!”
e una volta è saltato fuori con un “Sono molto deluso!” (!),
ma chi lo sa che cos’altro gli frulla per la testa e cosa direbbe se sapesse esprimersi con più precisione!
Il fatto che non ne sappiano parlare in modo adeguato non toglie valore ai pensieri e ai sentimenti dei bambini, anzi, questo richiede ancora di più il nostro impegno e la nostra attenzione.
Quello che io faccio quando Marco è arrabbiato è, semplicemente, ascoltarlo.
E aspettare che gli passi.
Non che sia facile, ma lo si può imparare.
E’ più semplice sbottare, urlare più forte di lui e liquidare la sua reazione come un’inezia, una questione di piccola importanza. I bambini sono piccoli, ma non lo sono i loro sentimenti e le loro emozioni.
Certo anche io qualche volta sbotto, urlo, e mi accorgo di farlo soprattutto quando sono nervosa o stanca per motivi che magari non c’entrano nulla con i miei bambini. Quando lo faccio poi chiedo scusa e conto fino a dieci per trattenermi perché, se non mostro io per prima la capacità di autocontrollo, loro da chi la impareranno???
Si dice “Figli piccoli, problemi piccoli; questo però vale per noi adulti, dal nostro punto di vista, ma non da quello dei nostri figli, che vivono stati d’animo intensi e importanti quanto i nostri.
Io lo ascolto, il mio “Marco furioso” e cerco di capire quello che sta vivendo in quel momento, andando al di là delle parole che mi dice e dei gesti sconnessi che compie. Gli faccio domande precise per capire da che cosa è nata la sua rabbia e lo contengo se vedo che potrebbe far male a se stesso o agli altri, o se scatena l’istinto di distruggere tutto ciò che gli sta intorno – cosa che accade piuttosto di frequente –
Gli offro conforto, e un abbraccio.
I bambini hanno sempre bisogno di sentirsi compresi, ancora di più in queste situazioni di confusione interiore.
Non è facile, ma ripaga.
E, ne sono certa, passerà :-).
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A presto,
Adele
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