Se è vero che ogni genitore deve trovare il proprio intuito educativo e il proprio stile genitoriale, è anche vero che a qualcuno o a qualcosa dovrà pur ispirarsi.
Per lo meno, questo è vero per me, che non mi fido ciecamente del mio istinto materno e che sono convinta che per crescere i figli l’amore, per quanto immenso, non basti.
Personalmente, ho trovato molti spunti per tracciare la mia strada di mamma nel pensiero di Thomas Gordon, famoso psicologo clinico americano, e in particolare nel suo modo di intendere la disciplina e l’autorevolezza dei genitori.
La disciplina è una delle, se non la principale, preoccupazione dei genitori, e spesso il suo esercizio causa in loro un vero e proprio conflitto interiore.
La parola disciplina fa un po’ paura ai più, perché ricorda la Signorina Rottermaier, un tetro collegio svizzero, una caserma.
In realtà, la disciplina che noi desideriamo per i nostri figli è da intendere in un’accezione positiva, fatta di ordine, collaborazione, rispetto delle regole e delle altre persone.
In una parola, quello che desideriamo per i nostri figli è che acquisiscano autodisciplina.
Il desiderio di ogni genitore “sufficientemente buono” è quello di influenzare positivamente i propri figli, quindi esercitare un effetto positivo sulla loro vita.
Mentre cercano di farlo, spesso i genitori cadono nella trappola della disciplina intesa come controllo, come esercizio del potere esclusivo dei genitori per stabilire regole e limiti, da imporre ai figli come decisione unilaterale.
La controversia, sostiene Gordon, verte proprio sulla disciplina intesa come controllo.
Quando un bambino è costretto a fare qualcosa, magari lo farà, ma solo per paura delle punizione e non perché viene influenzato positivamente.
I metodi incentrati sul potere, con i figli ma anche a scuola, o in una nazione, generano in sostanza tre situazioni: ribellione, fuga, resa.
Quando un rapporto si basa su un potere ineguale delle parti è per sua natura instabile e transitorio, quindi non è il tipo rapporto che ci auguriamo di costruire con i nostri figli.
La disciplina intesa come forma di controllo continuo e unilaterale non genera obbedienza, anzi. E le punizioni portano con sé il grande rischio di generare aggressività verso gli altri, e non rispetto reciproco.
L’autodisciplina come si raggiunge?
Non tramite il controllo che qualcuno esercita su di noi, bensì ricevendo grande libertà personale, la libertà di fare delle scelte e di prendere decisioni.
“Un bambino sicuro di sé è un bambino, entro limiti ben definiti, lasciato libero di scegliere” afferma lo psicologo israeliano Feuerstein. E credo ci sia molta verità in questa frase.
Sicuramente i bambini hanno bisogno di limiti; limiti al loro comportamento, da rispettare per il bene proprio e altrui. Durante il primo anno di vita, questi limiti saranno volti ad impedire che il bambino si faccia male, o corra dei pericoli.
Poi, progressivamente, i limiti e le regole riguarderanno il vivere insieme, rispettando sé e gli altri.
La cosa davvero importante sarebbe che questi limiti – quando un bambino è in grado di farlo – siano stabiliti da figli e genitori insieme. Se percepiscono di avere un certo grado di controllo sulla propria vita e su alcune scelte (cosa mangiare, come vestirsi, dove andare durante una passeggiata, magari scegliendo tra due alternative che a te stanno entrambe bene), i bambini saranno più disponibili e motivati ad accettare e rispettare i limiti posti dagli adulti di riferimento.
Quale tipo di autorità rispettano i bambini? Quella basata sulla competenza: questa è l’autorevolezza di cui tanto si parla! Se ci pensi, i tuoi bambini credono che tu sappia tutto e ti fanno mille domande sugli argomenti più disparati, aspettandosi sempre una risposta certa.
I bambini, al contrario, non rispettano l’autorità basata sul potere, anche se la temono e, per questo, solitamente eseguono ciò che questa impone.
Solitamente, i genitori cercano di esercitare la disciplina, e quindi di crescere bambini disciplinati, usando il tradizionale meccanismo di potere basato su ricompense e punizioni.
Secondo Gordon, questo meccanismo non funziona.
L’autore presenta delle alternative concrete ed efficaci all’essere autoritari o permissivi, prima però spiega perché le ricompense e le punizioni non funzionano, e non sono strumenti adeguati per esercitare sui nostri figli quell’influenza positiva e duratura, a cui tanto aspiriamo.
Di questo, però, ti parlerò nel prossimo post! 🙂
A presto,
Adele
La disciplina è una delle, se non la principale, preoccupazione dei genitori, e spesso il suo esercizio causa in loro un vero e proprio conflitto interiore.
La parola disciplina fa un po’ paura ai più, perché ricorda la Signorina Rottermaier, un tetro collegio svizzero, una caserma.
In realtà, la disciplina che noi desideriamo per i nostri figli è da intendere in un’accezione positiva, fatta di ordine, collaborazione, rispetto delle regole e delle altre persone.
In una parola, quello che desideriamo per i nostri figli è che acquisiscano autodisciplina.
Il desiderio di ogni genitore “sufficientemente buono” è quello di influenzare positivamente i propri figli, quindi esercitare un effetto positivo sulla loro vita.
Mentre cercano di farlo, spesso i genitori cadono nella trappola della disciplina intesa come controllo, come esercizio del potere esclusivo dei genitori per stabilire regole e limiti, da imporre ai figli come decisione unilaterale.
La controversia, sostiene Gordon, verte proprio sulla disciplina intesa come controllo.
Quando un bambino è costretto a fare qualcosa, magari lo farà, ma solo per paura delle punizione e non perché viene influenzato positivamente.
I metodi incentrati sul potere, con i figli ma anche a scuola, o in una nazione, generano in sostanza tre situazioni: ribellione, fuga, resa.
Quando un rapporto si basa su un potere ineguale delle parti è per sua natura instabile e transitorio, quindi non è il tipo rapporto che ci auguriamo di costruire con i nostri figli.
La disciplina intesa come forma di controllo continuo e unilaterale non genera obbedienza, anzi. E le punizioni portano con sé il grande rischio di generare aggressività verso gli altri, e non rispetto reciproco.
L’autodisciplina come si raggiunge?
Non tramite il controllo che qualcuno esercita su di noi, bensì ricevendo grande libertà personale, la libertà di fare delle scelte e di prendere decisioni.
“Un bambino sicuro di sé è un bambino, entro limiti ben definiti, lasciato libero di scegliere” afferma lo psicologo israeliano Feuerstein. E credo ci sia molta verità in questa frase.
Sicuramente i bambini hanno bisogno di limiti; limiti al loro comportamento, da rispettare per il bene proprio e altrui. Durante il primo anno di vita, questi limiti saranno volti ad impedire che il bambino si faccia male, o corra dei pericoli.
Poi, progressivamente, i limiti e le regole riguarderanno il vivere insieme, rispettando sé e gli altri.
La cosa davvero importante sarebbe che questi limiti – quando un bambino è in grado di farlo – siano stabiliti da figli e genitori insieme. Se percepiscono di avere un certo grado di controllo sulla propria vita e su alcune scelte (cosa mangiare, come vestirsi, dove andare durante una passeggiata, magari scegliendo tra due alternative che a te stanno entrambe bene), i bambini saranno più disponibili e motivati ad accettare e rispettare i limiti posti dagli adulti di riferimento.
Quale tipo di autorità rispettano i bambini? Quella basata sulla competenza: questa è l’autorevolezza di cui tanto si parla! Se ci pensi, i tuoi bambini credono che tu sappia tutto e ti fanno mille domande sugli argomenti più disparati, aspettandosi sempre una risposta certa.
I bambini, al contrario, non rispettano l’autorità basata sul potere, anche se la temono e, per questo, solitamente eseguono ciò che questa impone.
Solitamente, i genitori cercano di esercitare la disciplina, e quindi di crescere bambini disciplinati, usando il tradizionale meccanismo di potere basato su ricompense e punizioni.
Secondo Gordon, questo meccanismo non funziona.
L’autore presenta delle alternative concrete ed efficaci all’essere autoritari o permissivi, prima però spiega perché le ricompense e le punizioni non funzionano, e non sono strumenti adeguati per esercitare sui nostri figli quell’influenza positiva e duratura, a cui tanto aspiriamo.
Di questo, però, ti parlerò nel prossimo post! 🙂
A presto,
Adele