Domenica mattina, sono in pasticceria con amici. Improvvisamente un bimbetto sui tre anni mi sfreccia accanto e lo urto.
“Oh, scusami tesoro!” gli dico sinceramente dispiaciuta e lui “Ma vaffan…”
???
I suoi genitori non fanno una piega.
Che fosse molto arrabbiato con me perché gli avevo intralciato il passo o che volesse solo provocare, sono rimasta davvero basita.
Verso i tre anni, quando cominciano la scuola materna, i bambini imparano e ripetono molte “parolacce”. Le sentono dai compagni di gioco, ma anche dai fratelli maggiori e, inutile negarlo, da noi genitori. Ci scappano quando siamo con gli amici, o quando siamo in coda in auto e nostro figlio è seduto dietro che ci ascolta attentamente, anche se non sembra così.
In questo caso, il bambino, anche a distanza di giorni, ripeterà la parolaccia per sentirsi grande come la mamma o il papà, e di fronte ai nostri rimproveri magari ci risponderà che anche noi abbiamo usato quella parola!
Che fare?
Gli esperti consigliano di essere sinceri. Bisogna ammettere che è vero, che siamo davvero dispiaciuti di averlo fatto e che cercheremo di controllarci. Poi, insieme al bambino, prendiamoci l’impegno di non usare più quelle parole. In questo modo, lui imparerà che tutti, anche mamma e papà, possono sbagliare, ma che l’importante è rendersene conto e saper chiedere scusa.
Teniamo presente che dire parolacce piace molto a tutti i bambini. Inizialmente il gusto di dire una parolaccia dipende solo dal fatto di aver imparato termini nuovi, mai sentiti prima, astrusi e affascinanti. In breve tempo, però, il bambino capisce che quando usa certe parole suscita stupore e scandalizza. Si rende conto ben presto che con le parolacce può sfidare e provocare gli adulti, e questo gli fa provare l’esaltante brivido della trasgressione…
In queste circostanze, per gli esperti la parola d’ordine è: indifferenza.
Se con la parolaccia il bambino si accorge di non ottenere l’effetto sperato, cioè scuotere la platea, probabilmente ben presto la smetterà, perché se mamma e papà lo ignorano, il divertimento svanisce.
E se non la smette?
Proviamo a prenderlo da parte per chiedergli, con calma, cosa voleva dire esattamente e insegniamogli a usare un modo più corretto per esprimersi.
E se ancora non la pianta?
Allora, passiamo a metodi più espliciti, soprattutto se le sue parole ci mettono davvero a disagio o creano situazioni imbarazzanti con amici o estranei. Il sistema è, in teoria, semplicissimo, e tanto più efficace quanto il bimbo è piccolo: aggiungiamo la regola base “Si controlla il linguaggio/non si dicono parolacce” alle altre poche e semplici regole che il bambino deve già rispettare.
Con tono fermo, calmo e deciso diciamogli che le parole che usa infastidiscono e che deve smetterla, perché è vietato fare cose sgradevoli per le persone che ci circondano.
Esigiamo poi inflessibilmente che la regola venga rispettata: ogni parolaccia deve essere censurata, almeno con un immediato “no!”. Noi, ovviamente, dobbiamo essere d’esempio e non pronunciare parole che non vogliamo sentire sulla bocca dei nostri figli…
Chiaro che è utile bloccare l’uso delle parolacce fin dagli esordi, senza aspettare quindi di avere per casa uno sguaiato sei-enne, più difficile da arginare se è stato abituato per anni a infarcire i discorsi di termini poco nobili.
Circa undici anni fa mia nipote Anna era una tranquilla e tenera bimba di circa due anni (oggi è un’adolescente in lotta per l’indipendenza J). Una sera, la mamma le dice “Anna, vai in camera a prendere il pigiama del papà, per favore!”. La piccola va in camera, ritorna trascinando il pigiama e con un gran sorriso dice al suo papà: “Papi, tieni il pigiama e vaffan…!”
!!!
Un attimo di sbalordimento, poi un’indifferenza forzata da parte dei presenti alla scena, me compresa. Pare che l’episodio non si sia più ripetuto…
Se t’interessa saperne di più su come far accettare le regole ai tuoi figli, ti consiglio di scaricare gratuitamente da questo sito la mini-guida “Mamma, dimmi di no!”. Basta inserire il tuo nome (non serve il cognome) e la tua mail nel box verde in alto a destra.
A presto
Adele
Foto di David Castillo Dominici e Kahn